Partito Democratico
Assemblea del 26 marzo 2018
Appunti per la discussione
Assemblea del 26 marzo 2018
Appunti per la discussione
- È curioso che non si discuta di una “semplice” sconfitta elettorale, ma della caduta della stessa ragione d’essere del Partito Democratico;
- Evidentemente da più parti emerge la sensazione che il Movimento 5stelle abbia preso il posto del Partito Democratico nella difesa degli ultimi e che il PD sia confinato nella riserva della tutela dei privilegi e dei privilegiati, cioè esattamente dall’altra parte del luogo politico nel quale credeva di essere collocato;
- La domanda che mi pongo è: c’è ancora uno spazio politico praticabile per il PD? E se si, quale?
- La destra è rimasta intatta, sebbene frazionata è sempre capace di radunarsi sotto un vessillo unico, è sufficiente che si individui il leader; che oggi sia Salvini piuttosto che ieri Berlusconi è aspetto che non scalfisce la natura e l’essere del sentimento politico di destra;
- È la sinistra ad essere colpita dalla consapevolezza che le ragioni della delusione, della paura, dell’emarginazione, sono meglio interpretate dalla proposta del Movimento 5 stelle;
- Il Partito Democratico è percepito come un luogo politico nel quale si rifugiano i potenti e il c.d. “sistema di potere”; non a caso i luoghi fisici nei quali i nostri risultati sono stati positivi sono l’estero ed il centro delle grandi città;
- Non valgono a difendere le ragioni della nostra sopravvivenza politica le sicure competenze tecniche di amministrazione, la qualità dell’analisi, l’esperienza. Siamo stati travolti da persone che non sanno governare, che hanno un leader che non conosce il congiuntivo, ma hanno saputo capire che la globalizzazione spaventa i poveri e la classe media, ha tolto certezze, ha ucciso il futuro, ha creato la nuova figura del lavoratore che si impoverisce lavorando;
- I cittadini italiani hanno paura di reati che sono in calo costante, non si accorgono della ripresa economica che se c’è non arriva a farsi riconoscere, non capiscono per quali ragioni sono state salvate le banche in stato di decozione, non capiscono perché non possono andare in pensione, vedono l’Europa come un nemico ed una minaccia, vedono aumentare il fenomeno dell’emigrazione di figli per i quali il futuro si annuncia per la prima volta peggiore del presente dei genitori; vedono crescere il debito pubblico senza che nessuna politica di contenimento funzioni e senza che la crescita sia percepita come un vantaggio. E potremmo continuare.
- Siamo confinati in una riserva indiana? credo di no; l’investimento che potremo fare per riprendere il ruolo di governo delle nostre comunità è ancora materia viva: ci appartiene il patrimonio dei diritti da tutelare, delle minoranze da difendere, della giustizia sociale e normativa da ristrutturare. Sono compiti, soprattutto l’ultimo, che non saranno facilmente risolti da coloro che sono andati al potere al grido di “onestà”, e che fanno bandiera del fenomeno che si definisce come “giustizialismo”.
- Mi auguro di sbagliare; sinceramente prego che si tratti di slogan destinati a catturare il consenso, e spero che il futuro ci riservi la sorpresa di un governo del Paese che eviti di consegnare la vita ed il dibattito pubblico al “giustizialismo” sommario.
- Spero anche che l’applicazione delle ricette elettorali dei vincitori non ci conduca a fare la fine dell’economia in Grecia.
- Certo ragionare di diritti delle minoranze, di accoglienza e di integrazione, di giustizia sociale e di diritto nella comunità italiana nel 2018 non sembra un contesto destinato al consenso di massa, specialmente se rivolto a quei milioni di cittadini che attendono il reddito di cittadinanza, di andare in pensione prima e che si mandino via tutti gli immigrati.
- Ma siccome sono gli stessi cittadini che furono convinti da Prodi e Veltroni, quando proponevano un buon governo e l’etica dei diritti e della giustizia, forse dovremo chiarirci noi le idee a proposito di sistema di accoglienza ed integrazione, scegliendo meglio come rendere cittadini gli immigrati, non lasciandoli più a girare in bicicletta per anni in attesa di non si sa cosa, ma insegnando loro l’italiano ed avviandoli ad un lavoro; so che è difficile trovare il modo, ma all’emergenza si risponde con l’emergenza, ed il modo si trova anche in mezzo alla melassa delle norme, un modo migliore dei 35 euro e delle cooperative come li abbiamo costruiti oggi;
- forse dobbiamo aprire l’accesso al lavoro per i nostri ragazzi; e il modo si trova, anche copiando da chi ci porta via i migliori, che formiamo e regaliamo all’estero;
- forse dobbiamo permettere all’esperienza di formare le nuove generazioni, con un sistema che bilanci ingresso ed uscita dal mondo del lavoro, in tutte le professioni, e che consenta in particolare alla Pubblica Amministrazione di non disperdere preziosi patrimoni di conoscenza lasciando posti vacanti talvolta per anni in attesa di essere coperti, per ragioni pietose di bilancio;
- forse va ripensata e regolata la dimensione intermedia del lavoro delle c.d. partite iva, che non sono la fonte di tutti i mali e che con un diverso regime tributario potrebbero non essere più il nido – non l’unico - dell’evasione fiscale;
- forse dovremmo essere capaci di fissare un confine più netto tra giustizia ed ipocrisia, e fare scelte che allarghino le opportunità e non le restringano, che realizzino l’uguaglianza delle chances ma consentano percorsi di valorizzazione della qualità, che ricordino come la ricchezza non può essere distribuita se non è prodotta, che salvino la capacità e la gioia di intraprendere, in tutte le dimensioni, insieme alla voglia di vivere.
Solo affrontando questi scogli e superandoli con proposte serie, semplici, chiare, comprensibili potremo guadagnare consenso. In alternativa, siamo già fuori dai giochi. Abbiamo prodotto un Paese triste, genuflesso, sconfitto; non avevamo il diritto di negare il futuro. Eravamo riforma e ci ritroviamo conservazione; è molto chiaro cosa significa “destra”; “sinistra”, invece, oggi si legge come frammentazione, incertezza, velleitarismo, rissosità, e, purtroppo, conservazione per i pochi, che ci piaccia o no. Altri si sono impossessati della bandiera del riformismo, dell’ascolto e del sostegno delle masse.
Anche il partito liberale e quello repubblicano hanno svolto una funzione storica, politica e di rappresentanza sociale nella storia d’Italia, ma non è con quella dimensione che il Partito Democratico è nato per stare sulla scena della politica. Se ci siamo finiti, disperdendo il nostro patrimonio numerico, e poi morale, etico, politico, storico, consegnato ad un comico che chiese la tessera del PD in Sardegna e si sentì dire: “fatti il tuo partito”, bene, non dobbiamo essere pessimisti: con l’invasione dei barbari finì l’Impero Romano, ma nacque un mondo nuovo.
L’unico mio rammarico è pensare che ci sono voluti molti anni, troppi per sperare di vederlo se questa volta dovesse andare come allora; mi sarebbe piaciuto non aspettare così tanto, ma esserne parte e protagonista; probabilmente pago un poco, per la quota che mi tocca, della supponenza e della presunzione che sempre accompagna le cadute dei sistemi che hanno una dimensione storica.